Cape Town, la seconda città

LIBRO

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Cape Town, la seconda città

Township e Apartheid capovolto
Il Sudafrica senza Mandela

 

Autori: Letterio Scopelliti – Davide De Blasi
 
Prima edizione luglio 2019
Pagine 145 – www.fdlcommunication.it – 20 euro

 

CAPE TOWN – Città del Capo è formata da due città. Una è bellissima oltre l’immaginazione, con scenari incredibili, una delle 10 meraviglie del mondo, una vegetazione incontaminata e sterminata, spiagge mozzafiato e da sogno, una grande varietà enogastronomica. Un cuore storico del porto cittadino (Waterfront, la zona più cool) meta di turisti in cerca di divertimento e shopping tra numerosi locali e ristoranti alla moda sino alla ruota panoramica che svetta sulla città. La “California d’Africa” tra affari e 9 milioni di turisti ogni anno. L’altra, la seconda città, è una tra le più pericolose del mondo, dove la polizia ha bisogno di un giubbotto antiproiettile e, a volte, dell’esercito per entrare in particolare nell’area di Cape Flats. Qui le gang formate per lo più da coloured governano la notte con pistole di grosso calibro, spacciando eroina, cocaina e paura. Poi ci sono i neri e i bianchi, (l’apartheid si è capovolta), che abitano in decine e decine di township o sobborghi alla periferia della città. Oppure nascosti nei boschi tra le aziende agricole come nella zona di Kraaifontein, dove prima mai nessuno era entrato a contatto con quelle famiglie bianche, un numero in continua crescita. Un popolo quello delle township e flats alla periferia di Cape Town di almeno 2,5 milioni di abitanti. Questo libro racconta e mostra (con le immagini) la storia della seconda città. Il reportage inizia sulle strade delle township di Soweto, a Johannesburg. A parlare – testimonianze raccolte – ex veterani dell’ANC (African National Congress), dell’MK (ala armata dell’ANC), giovani poetesse, ricercatori dell’Università, ingegneri delle miniere e imprenditori. Ma soprattutto la voce di chi vive dentro le township. Come i bianchi, composti da coloni di origine inglese e olandese, i cosiddetti afrikaaner. O i natives, sudafricani di pelle nera, detti black o bantu; i coloured meticci, Browns e gli indiani di origine asiatica (prevalentemente indiani e pakistani). Qui dove c’è ancora la casa di Nelson Mandela, che custodisce oggetti autentici di Madiba, è iniziata la rivolta contro l’Apartheid del South Africa. Ai colori dell’Apartheid oggi si sono sostituti i soldi, mentre il Paese è diventato una polveriera. Corruzione e disuguaglianza dilagano ovunque. Proteste e scioperi sono all’ordine del giorno sulle strade di tante township per la mancanza di servizi di base come acqua, elettricità, sanità e manutenzione varia. Che cos’è una township? Un modo gentile di dire segregazione dei neri. Township dal 1994, dopo la fine dell’apartheid – ma così non è – ha assunto un significato più ampio come “parte di territorio”. Alcune di quelle visitate e fotografate a Cape Town sono state Langa, Philippi, Samora Machel, Khayelitsha, District Six, Sophiatown, Guguletu. Agglomerati di edifici residenziali isolati dal resto della città da strade, ponti e cimiteri in modo da evitare l’integrazione non solo con i bianchi ma con altre etnie a iniziare dai coloured, i veri boss delle gang di Nyanga, Hanover Park, Bishop Lavis, Elsiesriver, Kensington, Delft, Khayelitsha, Mitchells Plain, Rocklands, Lavender Hill, Lotus River, Manenberg.

E’ un viaggio affascinante attraverso la storia e il presente del Sudafrica. Un reportage di emozioni, pensieri, preghiere in una delle culle dell’Umanità dell’Africa.

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